giovedì 26 febbraio 2009

La grande lotta contro l'imperialismo coloniale e le grandi delusioni degli annunci messianici delle nuove repubbliche Africane

Negli anni ‘40 e ‘50 un certo messianismo politico nato sull’onda del nazionalismo anti-colonialista imperante prese piede in molti Paesi africani. Sotto questa spinta l’indipendenza politica fu in alcuni casi strappata con la forza, in altri ottenuta pacificamente col consenso delle potenze colonizzatrici d’Europa intorno agli anni ’60.

L’entusiasmo per l’indipendenza nazionale, portò alla creazione di grandi programmi di sviluppo da parte dei vari governi africani che preannunciavano con toni quasi messianici quella abbondanza materiale e quel ritorno di splendore culturale che si sarebbero tradotti in un futuro radioso per gli Africani entro l’anno 2000. Mi ricordo uno dei tanti annunci del nostro presidente era del tipo: entro l'anno 2000 tutti i Guineani parleranno portughese. Era veramente un ideale da rincorrere ma, ragionando bene ora, vedo che è un impressa impossibile visto che il governo d'allora non ha mai investito nella educazione. Le scuole sono fatiscente, professori mal pagati e quasi sempre frustrati. Era una propaganda illusoria, che strappa gli applausi del pubblico.

Oggi, a circa quarant’anni dall’indipendenza, la grande euforia iniziale è svanita. Continue crisi politiche, economiche e sociali hanno lasciato gran parte delle popolazioni africane prostrate e indebolite da una miseria ancora più grande. Leaders e governi africani si guardano bene oggi dall’usare toni trionfali annunciando cibo e un tetto per tutti entro il 2000, peraltro ormai passato senza nessun resultato.

Questo vano messianismo politico, questo falso millenarismo hanno lasciato il posto, in molti dei nostri paesi, ad un diffuso senso di frustrazione, disperazione, tradimento, ad un malcontento che credo, periodicamente esplode nella criminalità brutale, nella guerra civile e nella violenza inter-etnica, e nei vari colpi di stato.


Le crisi e le tragedie che hanno colpito l’Africa non forniscono tuttavia un quadro completo dello stato e del futuro dell’Africa. Fortunatamente c'è un silenzioso ma incisivo intervento della Chiesa e dalle associazioni di volontariato, ha reso possibile fornire cibo, alloggio, istruzione, servizi sanitari e indumenti a migliaia, e milioni di Africani che altrimenti sarebbero stati condannati ad una morte prematura dalla negligenza dei nostri governi.

Questo "incoraggiamento" costituisce una continua esortazione a noi Africani ad abbracciare la via della verità (Come diceva il nostro amato vescovo Ferrazzetta - la verità vi farà liberi) e quella vita che è assolutamente capace di rovesciare il tragico destino dell’Africa e di estendere il raggio di azione della speranza, dell’aiuto e della gioia a tutti noi Africani.

Riusciamo finora a vivere giorno per giorno per la SOLIDARIETA' UMANA vigenti tra di noi. La solidarietà con i propri fratelli è quasi proverbiale in Africa.
Le nostre culture hanno un profondo senso della solidarietà e della vita comunitaria. Infatti in Africa è impensabile celebrare una festività senza che vi sia la partecipazione dell’intero villaggio.

Questo genere di solidarietà familiare, contadina ha la sua naturale collocazione nella vita di ogni giorno ed è sempre stata fonte di forza per gli individui, le famiglie e i piccoli gruppi. Ma nel più vasto contesto moderno di stato, nazione e comunità internazionale, viene richiesto molto più dell’immediata identificazione e della familiarità fra persone e gruppi per costruire comunità e culture umane.

Permane l’incapacità della maggior parte di noi Africani, e specialmente dei nostri leaders politici, a riconoscere e a realizzare che la nazione e lo stato non sono che moderne famiglie più vaste in cui ciascun membro possiede la stessa dignità umana fondamentale e gli stessi diritti del Presidente della Repubblica o del Governatore dello Stato, peraltro pienamente responsabili delle numerose tragedie politiche, economiche e sociali che le nostre nazioni e inostri stati africani continuano a sperimentare.

La solidarietà dei nostri villaggi e il senso della comunità hanno bisogno di essere rivisitati, applicato dai nostri liders politici, ed ampliati nella società per accedere a quelle famiglie della nuova umanità di cui dovremmo fare parte tutti.


domenica 1 febbraio 2009

Gli stupri

Una ricerca dell'Istat sfata molti luoghi comuni sui reati a sfondo sessuale
Secondo i dati resi noti dall'istituto solo il 10% delle violenze arriva da stranieri
Il 90% degli stupri commesso da italiani
Il rischio maggiore da familiari e conoscenti.

PREMESSA
Tengo a precisare che personalmente sono fermamente contro gli stupri e ogni tipo di violenza ai danni delle donne. Non importa chi gli ha commessi e né la sua nazionalità. Delinquente è e delinquente sarà. Gli stupratori meriterebbero una pena severissima.
Sono del parere che una persona che immigra in cerca di vita migliore dovrebbe al minino comportarsi bene e condurre una vita onesta. E pochissimi immigrati delinquenti fanno si che tutto gli altri che conducono una vita onesta, vengono trattati con poca simpatia ma, pochi sanno o fanno finta di non saperlo che la maggior parte degli stupri e violenze contro le donne sono commessi dagli stessi italiani, e non ne vedo delle spedizioni punitive e nè sento dai mass media enfatizzare gli stessi reati come fanno quando lo comette un straniero. Questo comportamento giova ad alcuni politici come ad alcuni citadini che trovano leggittimo usare violenza contro gli stranieri (una sorta di giustizia fai da te).
Vi consiglio di leggere il post del 18 giugno 2008. Andate sul mio Archivio (scorre la colonna a destra) e clicca 2008 (23)poi scorre tra i vari post fino ad arrivare a quello del 18 giugno 2008.
Consiglio la gente a informarsi prima di giudicare. Ormai siamo in mondo dove le informazioni abbondano. Bisogna avere la capacità critica nelle cose che vediamo e ascoltiamo. Bisogna non avere paura del confronto, evitando così di seguire l'onda del momento.

Qui sotto riporto i dati istat pubbicato su la Repubblica

ROMA - Non sono immigrati ma italiani i responsabili della piaga della violenza sulle donne nel nostro Paese. Secondo le stime dell'Istat, non più del 10% degli stupri commessi in Italia è attribuibile a stranieri, contro un 69% di violenze domestiche commesso a opera di partner, mariti e fidanzati. Dati che fanno crollare d'un colpo il luogo comune che associa l'immigrazione a una diminuzione della sicurezza nelle città italiane.

Secondo l'Istat, che oggi ha aperto, nella sua sede centrale a Roma, il Global Forum sulle statistiche di genere, solo il 6% degli stupri in Italia è commesso da persone estranee alla vittima: "Se anche considerassimo che di questi autori estranei la metà sono immigrati - ha spiegato Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell'istituto di statistica - si arriverebbe al 3% degli stupri; se ci aggiungessimo il 50% dei conoscenti, al massimo si arriverebbe al 10% del totale degli stupri a opera di stranieri".

Le forze politiche di sinistra denunciano una realtà "oscurata e alterata" dai media e "strumentalizzata dai partiti di minoranza". "Una doccia fredda per il narcisismo nazionale": così il portavoce dell'Idv, Leoluca Orlando, commenta la ricerca. Paola Balducci, responsabile giustizia del Sole che ride, ricorda "l'ostruzionismo della destra che alla Camera ha ritardato l'approvazione del disegno di legge contro le discriminazioni sessuali e la violenza sulle donne" e evidenzia la necessità di "un salto di qualità nelle politiche culturali e informative". "I dati rafforzano le ragioni e lo spirito della manifestazione del 24 novembre" commenta la senatrice Prc Giovanna Capelli.

Il lavoro dell'Istat non si ferma qui. "Ora dovremo porre l'attenzione - osserva Luigi Biggeri, presidente dell'istituto - anche su altre tematiche come la discriminazione, terreno difficilissimo ma che ormai necessita di essere misurato in tutte le sue manifestazioni