sabato 5 settembre 2009

Il rapporto tra:Paura, Identità ed il poter politico

In che misura la paura dell'altro può rafforzare l'identità di un popolo?

Che cos'è la paura? È qualche cosa di solamente negativo? No. Per paura io intendo semplicemente l'impressione che noi abbiamo di fronte alla possibilità che si sprofondi nel disordine. Noi viviamo con questa consapevolezza che qualche volta non arriva alla coscienza. Che cosa succederebbe se fuori dalla porta ci fosse la selva, il selvaggio, il niente? Allora, stando ben chiusi in casa, noi immaginiamo che la nostra casa sia ben fortificata, quando, in realtà, non arriveremmo mai a questo niente, perché il niente per definizione non c'è. Tuttavia, ce lo rappresentiamo. La cosa sorprendente di questo meccanismo, che secondo me fonda la nostra civiltà e il nostro essere uomini, è che anche le cose più grandi vengono dalla paura. La grande letteratura viene dalla paura, ma anche semplicemente i comportamenti quotidiani vengono dalla paura. Un gatto non ha paura perché non percepisce la possibilità che il mondo non sia niente. Il gatto è tranquillo, ha degli istinti che lo portano a vivere, mentre l'uomo è costantemente preso dal timore che di là ci sia la morte, la fine, il disordine. Allora: in che senso la paura produce identità? Stando alle cose che ho detto, in un senso molto positivo, perché noi siamo quello che siamo perché sentiamo questa paura positiva. Però può darsi che in un gruppo particolarmente in crisi, che non abbia fiducia in sé, qualcuno pensi che lo strumento migliore per ricostituire il gruppo, magari per manipolarlo, per avere potere sul gruppo, sia di dire che c'è qualcuno che ci vuol male. Ossia, la paura può diventare un mito, può diventare uno strumento di potere e in questo senso essa rinforza le identità perché se tu sei italiano e hai paura che l'extra-comunitario voglia sostituirti a casa tua, tu ti spaventi; dunque aumento la tua consapevolezza dell'essere italiano. Però ti accorgi che sei solamente italiano, non sei te stesso, perché vieni ridotto a una dimensione di identità impoverita, così ogni tuo comportamento non è dettato dalla ricchezza che senti in te, ma solo dalla paura. Quindi, la paura, può influire sull'identità in due modi completamente diversi: in maniera positiva, quando la paura è aperta, si trasforma in cultura, in civiltà in produzione artistica, oppure in modo negativo, terribile, quando, attraverso questo innalzamento artificiale e mitologico della paura si arriva a una struttura sociale e politica che io non esito a definire totalitaria.

Il potere politico serve per dare forma alla paura, perché senza uno Stato saremmo del tutto impauriti. Quando la presenza dello Stato viene a diminuire, accrescono le insicurezze tra la gente. Però la paura, quando viene manipolata e mitizzata, produce un potere perverso che controlla le coscienze, che non mira alla sicurezza degli individui, ma al dominio di chi la produce. Io parlo di una macchina che, mediante gli strumenti di comunicazione di massa, diffonde paura. Essa la si inventa e la si aumenta per poterla gestire a proprio piacimento, come, per esempio, per prendere voti alle elezioni.

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